Eccone un brano:
Giusto e necessario, per non perdere la memoria e per non
nascondere una componente fondamentale della Storia. La guerra – quella lontana
e quella che bussa oggi alle nostre porte -, una favola senza lieto fine, un
terribile gioco, va raccontata ai bambini. Quello che il conflitto non deve
amputare è la loro fantasia. Ci hanno provato in tanti, per non bloccarsi in
paure inconsce o consce, come Luigi Dal Cin in “Scrivila, la guerra” (aiutato
dalle illustrazioni di Simona Mulazzani). Un padre tornato dalla Prima Guerra
mondiale regala un quaderno al figlio invitandolo a raccontare la sua guerra. Quella
di un bambino rimasto a casa con la nonna a combattere la fame e gli stenti nei
territori occupati dalle truppe austro-ungariche. Quella che vi stiamo raccontando
è la storia di un libro. Una segnalazione arrivata da lontano, che ci ha
colpito subito. [...] L’interrogativo, quindi, non è se ma come raccontare la
Grande Guerra ai bambini.
“Credo che ai bambini si possa, anzi si debba, raccontare la
verità con la delicata esigente responsabilità, però, di assumere sempre il
loro punto di vista, in modo che la verità sia per loro innanzitutto
comprensibile e poi, soprattutto, utile. Anche per potersi rappresentare le
conseguenze sulla popolazione delle guerre di oggi, di cui i bambini sentono
parlare”, spiega l’autore ferrarese.
Il racconto allora non si concentra sugli eventi bellici al
fronte, vissuti da soldati adulti, ma sulle quotidiane sofferenze che ogni
guerra porta agli ultimi, come i bimbi: per primo, il dramma dell’anno della
fame vissuto dalla popolazione dei territori occupati dopo Caporetto. [...]