Venerdì 3 novembre 2017 presso il Teatro Giacosa di Ivrea terrò due repliche del mio spettacolo Scrivila, la guerra (ore 8:45 e ore 10:30) offerti alle scuole della città dal Comune di Ivrea.
Un bambino riceve in regalo un quaderno dal papà tornato vivo dal fronte che lo invita a scrivere la guerra vissuta durante il suo periodo di assenza: “Tira fuori la guerra, scrivila su questo quaderno. Così non ti resta dentro”. Tratto dal libro Scrivila, la guerra (Kite Edizioni 2016), lo spettacolo presenterà la Grande Guerra dal punto di vista dei più giovani e dei più umili. Per riflettere insieme su uno degli eventi più drammatici del secolo scorso, sulle inevitabili sofferenze che ogni guerra porta agli ultimi, sul potere salvifico della narrazione.
“Credo che ai bambini e ai ragazzi si possa, anzi si debba, raccontare la verità – dice Luigi Dal Cin, autore di oltre 100 libri per ragazzi tradotti in 10 lingue – con la delicata esigente responsabilità, però, di assumere sempre il loro punto di vista, in modo che la verità sia per loro innanzitutto comprensibile e poi, soprattutto, utile. Anche per potersi rappresentare le conseguenze sulla popolazione delle guerre di oggi, di cui bambini e ragazzi tanto sentono parlare. Non ho voluto quindi centrare il racconto sugli eventi bellici al fronte, vissuti da adulti soldati, ma raccontare le inevitabili quotidiane sofferenze che ogni guerra porta agli ultimi, tra cui i più giovani: nel nostro caso il dramma dell’anno della fame vissuto dalla popolazione dei territori occupati dalle truppe austro-ungariche dopo Caporetto. È un argomento che mi è familiare: i miei nonni, veneti, hanno vissuto la Grande Guerra e, nella mia infanzia, me l’hanno raccontata in diversi modi. Per poter però prendere il giusto e veritiero punto di vista di un ragazzo che vive una situazione così drammatica ho raccolto testimonianze scritte, memorie, lettere, diari cui poter fare riferimento: sono preziose testimonianze che hanno ispirato il punto di vista di questo libro”.
Ed ecco allora come germina il punto di
vista di ‘Scrivila, la guerra’: un bambino riceve in regalo un
quaderno dal papà tornato vivo dal fronte che lo invita a scrivere
la guerra vissuta durante il suo periodo di assenza.
“Tira fuori la guerra, scrivila su
questo quaderno. Così non ti resta dentro”. Mio papà ha detto che
anche lui quando era in guerra sul Carso e sul Piave scriveva tutto
su un quaderno. Ogni giorno la guerra gli entrava dagli occhi, dalle
orecchie, dal naso, dalla bocca, dalla pelle. Per tirarla fuori
allora doveva scriverla. Ha detto che altrimenti sarebbe diventato
come il povero Bepi che è tornato anche lui dalla guerra ma ora sta
sempre seduto fuori al bar e ha gli occhi fissi, spalancati come una
finestra. La sua bocca sembra un sorriso, ma la sua testa è piena di
guerra che gli è rimasta chiusa dentro. Non parla più.
“Scrivi, figliolo! Scrivi quel che
ti ha fatto più impressione quando i soldati hanno occupato casa
nostra, nell’anno della fame” mi ha comandato. Allora ho scritto
tutto su questo quaderno. Mio papà mi ha detto che scrivere sul
quaderno lo ha salvato perché lo ha fatto tornare a casa vivo.
“La narrazione diventa
così – continua Dal Cin – un susseguirsi di intense scene dove
quel bambino racconta in prima persona piccoli emblematici episodi
che si snodano tra l’invasione di soldati stranieri affamati e
l’annuncio della fine della guerra. Per ottenere l’effetto della
scrittura tipica di un ragazzo ho lavorato molto sul linguaggio, sul
ritmo, sui toni della narrazione, sulla mancanza di giudizio di chi
vive semplicemente le difficoltà del momento presente, non
conoscendo nulla di quanto viene deciso in alto dai signori della
guerra. Accompagnano lo spettacolo, e trovo ne amplifichino
l’effetto, le stupende tavole di Simona Mulazzani che, di volta in
volta, interpretano i toni della narrazione con grande intensità
emotiva e originalità”.