1.
Perché ci racconti fiabe che finiscono bene? (Quando nel mondo reale spesso prevale l'arroganza, la prepotenza, la violenza e le cose finiscono male?)
“Perché
ci racconti fiabe che finiscono bene? Quando nel mondo reale spesso prevale l'arroganza, la prepotenza, la violenza e le cose finiscono male?”.
“E
poi, perché ci racconti fiabe che provengono da altri paesi del
mondo? Non ci bastano le nostre, che rispecchiano di più la nostra cultura?”.
È
vero, le fiabe finiscono bene.
La fiaba, a differenza
della favola, è un racconto popolare di meraviglie, dove l’elemento
fantastico e soprannaturale non è vissuto come straordinario, ma
viene presentato come normale e abituale. Nella fiaba la dimensione
naturale e terrena s’intreccia continuamente con la dimensione
soprannaturale e magica.
Ma più che nei contenuti
meravigliosi, la forza della fiaba risiede nel suo intento profondo:
a differenza della favola che ha un intento prettamente morale, il
proposito davvero meraviglioso della fiaba è quello di annunciare
che una vita piena è alla portata di ciascuno nonostante le
avversità e le condizioni iniziali sfavorevoli, a patto che si
affrontino quelle rischiose lotte senza le quali non si può
raggiungere la propria vera identità.
“Perché
ci racconti fiabe che finiscono bene?”.
Perché
l’intento profondo delle fiabe è proprio quello di dare speranza.
Gli studiosi di psicologia
della fiaba che numerosi hanno prodotto i loro studi nel secolo
passato riconoscono in questo genere letterario una funzione
importante per la crescita del bambino.
È la funzione di
rassicurazione.
Quando in
una fiaba il fratello più piccolo, quello più svantaggiato e misero
dei tre, riesce a superare una serie di prove grazie al sostegno di
un aiutante magico e alla fine, pur essendo di umili origini, riesce
a sposare la principessa, è come si stesse annunciando al cuore del
bambino che ascolta: “Ora ti senti così piccolo, insignificante,
dipendente in tutto dall’adulto: è la tua dimensione infantile, ma
rassicurati! Se saprai uscire da te stesso e andare verso l’altro,
e seguire così la tua via, ricco di una fiducia interiore in ciò
che non è visibile, alla fine arriverai a realizzare davvero in modo
pieno la tua vita sperimentando l’amore”.
L’effetto
rassicurante della fiaba è così fondamentale che spesso il bambino,
non appena trova la fiaba che sente più vicina a una propria precisa
condizione interiore, chiede di riascoltarla ancora e ancora, più e
più volte, per esserne costantemente rassicurato. E se nel racconto
dell’adulto qualche elemento subisce un’inavvertita modifica,
ecco che il bambino protesta: è talmente profondo infatti il suo
desiderio di rassicurazione che non c’è alcuno spazio per la
variazione, l’improvvisazione o il dubbio.
La fiaba
così, tra tutte le forme letterarie, viene percepita dal bambino
come meravigliosa proprio perché in essa si sente compreso nel
profondo dei propri desideri, delle proprie ansie e delle proprie
speranze, e lì trova una via per una scoperta emotiva della propria
vocazione a una pienezza di vita.
Le
fiabe nascono molto lontano nel tempo, nella notte dei secoli, dove
un gruppo di persone si è ritrovato per condividere ciò che viveva
di più profondo: le proprie speranze, i desideri più autentici, i
propri valori, la saggezza guadagnata ma anche le sofferenze, o
l’aspirazione ad un modo più felice di vivere insieme nel proprio
ambiente.
Di fiabe è sempre bene
cibarsi: “Se
volete che vostro figlio sia intelligente, raccontategli delle fiabe.
Se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più”
diceva Albert Einstein.
E questa forza della narrazione fiabesca appartiene a
tutti i popoli.
La fiaba, in ogni parte
del mondo, è la forma letteraria più pura, perché nel passaggio
orale che ha dovuto subire nei secoli ha trattenuto solo ciò che
appartiene all'intera umanità esprimendo, alla fine del suo
percorso, solo ciò che è fondamentale e immutabile nell'animo
umano.
Come dice W.
B. Yeats:
“il racconto popolare è in realtà la più antica delle
aristocrazie del pensiero; e poiché rifiuta tutto ciò che è
passeggero e banale, ciò che è soltanto abile e grazioso, con la
stessa sicurezza con cui rifiuta la volgarità e la menzogna, e
poiché ha raccolto in sé i pensieri più puri e indimenticabili
delle generazioni, costituisce il terreno su cui affonda le radici
ogni grande arte”.1
In
ogni fiaba, nata in un qualunque luogo di questo nostro mondo, troviamo così l’essenza dell’umanità.
Della nostra umanità.
Dell'umanità di tutti gli uomini.
Della nostra umanità.
Dell'umanità di tutti gli uomini.
Poi
accade che le fiabe viaggino nelle epoche e nei luoghi, continuino a
muoversi insieme alle persone, e nel loro vagare a volte si
arricchiscano di elementi tipici di una cultura differente da quella
in cui sono nate, assumendo così forme e versioni diverse.
Le
fiabe camminano.
Le
fiabe oltrepassano le frontiere, e non le puoi fermare al confine.
Le
fiabe vivono.
Le
fiabe, inevitabilmente, ci contaminano delle vite degli altri.
Leggendo fiabe di altri
paesi, ascoltando le fiabe che hanno superato i confini, scopriamo
storie che sembrano giungerci da una lontananza abissale,
al di là di oceani di spazio e di tempo, eppure capaci di parlare al
nostro cuore.
Un potente antidoto per l'arroganza, la prepotenza, la violenza di chi non crede nel necessario confronto, anche tra culture differenti, e nel reciproco arricchimento di esperienze di vita e punti di vista.
Un potente antidoto per l'arroganza, la prepotenza, la violenza di chi non crede nel necessario confronto, anche tra culture differenti, e nel reciproco arricchimento di esperienze di vita e punti di vista.
Ma
cosa dicono di sé stesse le fiabe che ci arrivano dal mondo?
1 William Butler Yeats, The
Celtic Twilight, 1893