SCRIVILA,
LA GUERRA
La guerra
vista con lo sguardo di un bambino
Spettacolo
di e con Luigi Dal Cin
Un bambino riceve in regalo un quaderno
dal papà, tornato vivo dal fronte, che lo invita a scrivere la
guerra vissuta durante il suo periodo di assenza: “Tira fuori la
guerra, scrivila su questo quaderno. Così non ti resta dentro”.
Tratto dal libro ‘Scrivila, la guerra’ (Kite Edizioni), lo
spettacolo dell'autore Luigi Dal Cin presenterà la Grande Guerra –
ma tramite essa, ogni guerra – dal punto di vista dei più giovani
e dei più umili. Per riflettere insieme sugli eventi più drammatici
del secolo scorso, sulle inevitabili sofferenze che ogni guerra porta
agli ultimi, sul potere salvifico della narrazione.
“Non ho voluto centrare il racconto
sugli eventi bellici, vissuti da adulti soldati, ma raccontare le
inevitabili quotidiane sofferenze che ogni guerra porta agli ultimi,
tra cui i più giovani: nel mio caso il dramma dell’anno della fame
vissuto dalla popolazione dei territori occupati dalle truppe
austro-ungariche dopo Caporetto. È un argomento che mi è familiare:
i miei nonni, veneti, hanno vissuto la Grande Guerra e, nella mia
infanzia, me l’hanno raccontata in diversi modi. Per poter però
prendere il giusto e veritiero punto di vista di un ragazzo che vive
una situazione così drammatica ho raccolto testimonianze scritte,
memorie, lettere, diari cui poter fare riferimento: sono preziose
testimonianze che hanno ispirato il punto di vista di questo libro”.
Ed ecco allora come germina il punto di
vista di ‘Scrivila, la guerra’: un bambino riceve in regalo un
quaderno dal papà tornato vivo dal fronte che lo invita a scrivere
la guerra vissuta durante il suo periodo di assenza.
“Tira fuori la guerra, scrivila su
questo quaderno. Così non ti resta dentro”. Mio papà ha detto che
anche lui quando era in guerra sul Carso e sul Piave scriveva tutto
su un quaderno. Ogni giorno la guerra gli entrava dagli occhi, dalle
orecchie, dal naso, dalla bocca, dalla pelle. Per tirarla fuori
allora doveva scriverla. Ha detto che altrimenti sarebbe diventato
come il povero Bepi che è tornato anche lui dalla guerra ma ora sta
sempre seduto fuori al bar e ha gli occhi fissi, spalancati come una
finestra. La sua bocca sembra un sorriso, ma la sua testa è piena di
guerra che gli è rimasta chiusa dentro. Non parla più.
“Scrivi, figliolo! Scrivi quel che
ti ha fatto più impressione quando i soldati hanno occupato casa
nostra, nell’anno della fame” mi ha comandato. Allora ho scritto
tutto su questo quaderno. Mio papà mi ha detto che scrivere sul
quaderno lo ha salvato perché lo ha fatto tornare a casa vivo.
“La narrazione diventa così –
continua Dal Cin – un susseguirsi di intense scene dove quel
bambino racconta in prima persona piccoli emblematici episodi che si
snodano tra l’invasione di soldati stranieri affamati e l’annuncio
della fine della guerra. Per ottenere l’effetto della scrittura
tipica di un ragazzo ho lavorato molto sul linguaggio, sul ritmo, sui
toni della narrazione, sulla mancanza di giudizio di chi vive
semplicemente le difficoltà del momento presente, non conoscendo
nulla di quanto viene deciso in alto dai signori della guerra”.