Luigi Dal Cin
Fiabe dalla Russia
illustrazioni di Anna Castagnoli, Fabio Facchinetti, Artem Kostyukevich, Pep Montserrat, Clotilde Perrin, David Pintor, Sacha Poliakova, Valerio Vidali, Józef Wilkon.
Franco Cosimo Panini Edizioni, Modena, 2012, in collaborazione con Fondazione Štěpán Zavřel.
Premio Andersen 2013 miglior libro 6/9 anni
Nel bosco della Baba Jaga: le fiabe dalla Russia
di Luigi Dal Cin
Sapete chi è che ci porta queste
fiabe bagnate di lacrime, infuocate dal sole ardente, sferzate dal
vento e dalla neve? È Ëksëkju, l’uccello con tre teste, il
celeste uccello dagli occhi simili a stelle lontane e dal verso
simile al rimbombo del tuono. Quello splendido uccello ha intrecciato
il suo nido nel cielo infinito. Ëksëkju non teme né la tempesta,
né i ghiacci, né la tormenta. Ma di tre grandi mali ha paura: la
perdita della memoria, la mancanza di gratitudine, e l’indifferenza,
tre tristi disgrazie di cui spesso soffrono gli uomini. E proprio
quando per gli uomini i giorni si fanno duri e difficili, quando
sugli animi si posa la nera polvere dell’indifferenza, quando
nessuno vuol più vivere e lavorare, quando le danze e i canti
vengono abbandonati e dimenticati, è proprio allora che Ëksëkju
scende dal cielo, e porta una magica medicina contro i tre mali che
uccidono l’anima. Ëksëkju arriva volando, si posa sulla roccia
arrossata dal tramonto e racconta le antiche fiabe. E così l’antica
parola risuona. Così gli animi di coloro che sono pronti ad
ascoltare e a ricordare tornano a vivere. Ascoltate allora la fiaba.
Gli sciamani jakuti della Russia
siberiana narrano da millenni questa leggenda che fissa nel mito
l’origine della fiaba,
potente medicina celeste donata per
combattere i tre grandi mali dell’umanità: la perdita della
memoria storica, l’ingratitudine e l’indifferenza. Mali
dell’anima da temere ancor più della tempesta, dei ghiacci, della
tormenta: mali che impediscono all’uomo di essere felice. E proprio
quando la luce del sole sembra fuggire, la fiaba risuona e
restituisce la forza di vivere: il popolo jakuto ha compreso la
potenza della narrazione fiabesca molto prima dei moderni studi che
ormai ne riconoscono universalmente la necessità per la crescita
delle coscienze, l’identità comunitaria, l’affinamento della
sensibilità estetica e morale.
Da queste intense narrazioni degli
sciamani di Siberia, ai preziosi volumi che raccolgono i racconti
orali del folclore, la Russia, storico crocevia di genti, brilla per
ricchezza di fiabe, così come splendono le cupole delle sue chiese.
Nella Grande Madre Russia dalla grande storia, dai grandi territori
estesi fino ai confini del mondo, dai grandi palazzi e dalle grandi
città, dai grandi asceti e dai grandi condottieri, sono nate da
sempre grandi narrazioni. Grandi narrazioni per grandi e per piccoli.
È però solo dalla seconda metà del
diciottesimo secolo che comincia a svilupparsi in Russia un vero
interesse per il patrimonio fiabesco nazionale. Per tutto il periodo
medievale era la Chiesa a possedere il privilegio d’accesso ad una
letteratura scritta, la narrazione popolare veniva invece tramandata
oralmente. Anche perché utilizzare la scrittura per narrazioni
profane contrastava con il sentimento religioso russo. Ad esempio,
nel 1649, lo zar Aleksej Michajlovič Romanov decretava un ukaz,
un decreto, nel quale veniva vietato di raccontare fiabe. E questo
nonostante gli stessi zar ospitassero a corte dei narratori di
professione. Si racconta, ad esempio, che Ivan il Terribile tenesse a
corte tre vecchi ciechi che ogni sera gli raccontavano ciascuno una
fiaba per conciliargli il sonno.
Gli sconvolgimenti sociali della Russia
del secolo successivo portano ad eliminare gradualmente i confini tra
l’ecclesiastico e il secolare, tra lingua scritta e orale: iniziano
i primi tentativi di racconti secolari scritti, e poiché la sola
forte tradizione narrativa era quella orale, ecco che la letteratura
russa del diciassettesimo secolo vive una notevole influenza del
folclore.
Con il Romanticismo, l’attenzione per
la fiaba matura definitivamente e si inizia a coglierne il valore
artistico – uno dei primi autori ad interessarsene fu Puškin –
ma fino all’arrivo di Afanas’ev manca una vera e propria raccolta
sistematica di autentiche fiabe russe.
Nato nel 1826 e morto nel 1871,
Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev è stato uno dei più grandi
raccoglitori di fiabe di tutti i tempi. Fin dalla gioventù
percepisce il fascino della narrazione popolare russa finché,
divenuto capace di sistematizzare questo suo interesse, compie un
lavoro sterminato di raccolta, selezione e ricerca scientifica sul
materiale del folclore. Tra il 1855 e il 1863 pubblica gli otto
volumi delle Fiabe popolari russe che raccolgono un numero
complessivo di oltre seicento fiabe corredate da note e varianti. Di
tutto il materiale raccolto solo una minuscola parte – non più di
una decina di testi – è frutto di una registrazione diretta dello
stesso Afanas’ev, il resto è ricavato dall’ampia collezione
degli archivi della Società Geografica Russa, da fiabe registrate da
Vladimir Ivanovič Dal’, famoso per il suo vocabolario in quattro
volumi e per la sua raccolta di proverbi popolari, da appunti di
amici, da antichi libri...
‘È la prima edizione scientifica di
autentiche fiabe popolari russe – scriverà un altro grande russo
che dedicherà la sua vita alla fiaba: Vladimir Propp – che, per
ricchezza, supera le edizioni analoghe dell’Europa Occidentale. Per
la prima volta fu ampiamente riconosciuto l’alto valore artistico
della fiaba popolare russa. Per le qualità scientifiche l’edizione
di Afanas’ev supera di gran lunga quella dei fratelli Grimm.
Afanas’ev, a differenza dei fratelli Grimm, non si concesse alcun
rimaneggiamento, miglioramento, né alcuna rielaborazione letteraria.
Inoltre egli inserì nella sua edizione le varianti, cosa che non
fecero i fratelli Grimm’.
Riguardo alle tematiche, Afanas’ev
definisce l’esistenza di tre fondamentale gruppi di fiabe russe,
riconosciuti poi anche da Propp: le fiabe di animali, le fiabe di
magia, le fiabe novellistiche.
A differenza della loro alta diffusione
nel folclore occidentale, le fiabe di animali rappresentano una parte
minima dell’intero corpus fiabistico russo, forse perché collegate
ad una narrazione rivolta esclusivamente ad un pubblico infantile, al
contrario delle altre fiabe diffuse anche tra gli adulti. Si tratta
in generale di brevi narrazioni i cui protagonisti sono quasi sempre
animali selvatici, e dove gli animali domestici appaiono raramente e
in ruoli secondari. Questa particolarità suggerisce l’ipotesi che
le fiabe russe di animali siano di origine molto antica, e siano
state create in quello stadio di sviluppo della cultura umana in cui
gli animali dei boschi rappresentavano forme primitive di
sostentamento e avevano un ruolo fondamentale nella concezione del
mondo e nell’attività artistica. Le trame molto semplici – anche
questo avvalora la loro antica origine – si basano in genere
sull’inganno di un animale furbo (ad esempio la volpe) ai danni di
un altro più sciocco (ad esempio il lupo).
Le fiabe di magia rappresentano invece
il patrimonio più nutrito e più affascinante del corpus fiabistico
russo. Si tratta di racconti popolari di meraviglie, dove l’elemento
fantastico e soprannaturale non è vissuto come straordinario, ma
viene presentato come normale e abituale. Nella fiaba di magia la
dimensione naturale e terrena s’intreccia continuamente con la
dimensione soprannaturale e magica. È proprio su questa categoria di
fiabe russe che Vladimir Jakovlevič Propp (1895 – 1970) decide di
concentrare i propri studi. Nella sua fondamentale opera Morfologia
della fiaba, Propp individua in un esteso corpus di racconti
eterogenei alcune componenti fondamentali che si ripetono in modo
uniforme e che identificano, per l’appunto, il gruppo delle fiabe
di magia. Queste componenti sono definite da Propp ‘funzioni’
ovvero ‘quegli atti dei personaggi ben determinati dal punto di
vista dell’importanza per il decorso dell’azione’. ‘È
importante – scrive Propp – che cosa fanno i personaggi e non chi
e come fa’. Da questa prospettiva le funzioni, in ogni fiaba di
magia, sono straordinariamente poche – al massimo ne sono state
trovate, da Propp, trentuno – e il loro avvicendamento è sempre lo
stesso: dalle prime (I. Uno dei membri della famiglia si allontana
dalla casa; II. All’eroe viene fatta una proibizione; III. La
proibizione viene violata; IV. Il cattivo tenta di eseguire una
investigazione...) alle ultime (XXVIII. Il falso eroe o il cattivo è
smascherato; XXIX. L’eroe assume un nuovo aspetto; XXX. Il cattivo
è punito; XXXI. L’eroe si sposa e viene proclamato re).
La grande omogeneità strutturale delle
fiabe di magia e la ripetitività delle loro componenti fondamentali
fanno supporre a Propp che molti elementi fiabeschi abbiano
un’antichissima comune origine rituale, risalente alle cerimonie di
iniziazione, probabilmente il fondamento più antico della fiaba, o
al viaggio del defunto verso l’aldilà. Questo profondo substrato
rituale identificato da Propp nelle fiabe russe di magia non è,
d’altronde, una prerogativa tipica solo del folclore russo, ma è
proprio del patrimonio fiabesco di ogni popolo: non ci si stupisca
quindi di trovare una Cenerentola russa (Zoluška), una Bella e la
Bestia (Zakoldovannyj carevič: il principe stregato) e molti altri
temi comuni alle fiabe occidentali.
E sono proprio le fiabe di magia ad
essere abitate dai personaggi più affascinanti e più famosi del
folclore russo: potenti zar che abitano in maestosi palazzi,
coraggiosi principi alla conquista di regni lontani con il cuore già
conquistato da principesse talmente belle ‘da non potersi dire’,
saggi vecchietti cui viene donato un figlio in tarda età, spiriti
dispettosi, furbi contadini, fratellini orfani in balia del mondo,
pope depositari del prezioso sapere dei libri, soldati stanchi di
guerra, diavoli spaventosi e distruttivi, la volubile Baba Jaga nella
sua casa nel bosco, e poi lupi generosi, orsi terribili e
giocherelloni, corvi servizievoli, uccelli dalla bellezza mitica, il
gran Dragone, Koščej l’Immortale… una maestosa varietà di
figure che cantano lo stesso inno rassicurante alla vittoria del più
debole. Perché sono proprio i più piccoli che, grazie alle proprie
risorse interiori e all’aiuto riconoscente di un aiutante magico,
superano prove ritenute impossibili e conquistano il cuore della loro
innamorata, percorrendo passo passo proprio quei sentieri narrativi
che Propp definisce con precisione nei propri studi.
Figure che, prima della vittoria finale
sul male, devono percorrere strade che ben presto si rivelano lame a
doppio taglio. La casa, l’isba, è sempre il luogo del rifugio
sicuro all’inizio dell’avventura, ma nel bosco, sorretta da zampe
di gallina che girano su sé stesse, può divenire la misteriosa
abitazione della Baba Jaga; il bosco buio è sempre preludio sicuro
alla luce e luogo in cui cogliere i segreti sussurri delle betulle,
ma può anche nascondere insidie mostruose e, di nuovo, l’oscura
casa della Baba Jaga. La stessa Baba Jaga è una figura fortemente
ambivalente: a volte generosa e dispensatrice di doni, a volte
terrificante minaccia di morte, rappresenta probabilmente la Madre
Primordiale, esaltazione archetipica – direbbe Pinkola Estés –
della forza selvaggia che sta nel profondo di ogni donna.
L’ultimo grande corpus del folclore
russo è quello delle fiabe novellistiche. Non si tratta più di
fiabe in cui l’elemento soprannaturale viene vissuto come abituale,
bensì di racconti in cui il protagonista – come dice Propp –
‘sta sui gradini più bassi della scala sociale. Viene raffigurato
senza alcuna idealizzazione. Nel suo aspetto non c’è nulla di
bello, di marcatamente eroico; è una persona ordinaria.
Contemporaneamente, però, incarna il coraggio, la decisione,
l’ingegnosità, l’indistruttibile forza di spirito e la volontà
di lotta e, a volte, ha un’astuzia straordinaria. Per questo vince
sempre’.
Ancora più recente è poi la raccolta
della tradizione orale dei popoli nel nord della Russia.
Anche in Siberia troviamo le tipiche
fiabe di magia, ma qui l’elemento forse più caratterizzante è la
potente figura dello sciamano. Lo sciamano è il detentore della
tecnica dell’estasi, condizione che riesce a raggiungere con il
canto, la danza, e il suono ipnotico del tamburo, accompagnato
nell’impresa dal proprio spirito aiutante, in genere zoomorfo, che
si manifesta con l’imitazione in fase estatica dei versi e delle
movenze tipiche di quell’animale. A ben vedere la seduta sciamanica
percorre le stesse fasi della narrazione fiabesca: l’eroe, in
seguito ad una chiamata, parte dal suo mondo – ovvero esce da sé –
ed entra in una dimensione atemporale – l’aldilà, o l’inconscio
– supera quindi una serie di prove grazie alle proprie risorse più
profonde e all’assistenza di un aiutante magico e, infine, ritorna,
rafforzato spiritualmente. Lo sciamano e l’eroe della fiaba
compiono in fondo lo stesso viaggio, che è poi quello della vita di
ciascuno di noi. Lo sciamano delle fiabe della Siberia può diventare
così l’eccezionale emblema di chi sperimenta sulla propria pelle
la potenza salvifica di ogni narrazione.
E su tutto, nelle fiabe russe, la
bellezza: nelle descrizioni dei palazzi, dei giardini, della natura,
degli eroi, delle varie Vassilissa, Alënuška, Elena la Bella... la
bellezza non è certo un valore solo delle fiabe russe, ma la storia
della Russia è legata in modo misterioso alla bellezza. Basti
ricordare che, nel famoso Racconto dei tempi passati redatta
da monaci medievali, il principe Vladimir di Kiev, dovendo scegliere
tra quattro fedi religiose, scelse la greco ortodossa perché i riti
erano belli, i canti erano belli, e pareva di essere in paradiso; o
basti ricordare come proprio la Russia sia la patria dell’icona la
cui bellezza è tale che qualche opera verrà poi definita dalla
tradizione popolare ‘acheropita’ ovvero ‘non realizzata da mano
umana’. E così, con la loro capacità salvifica di sconfiggere i
mali dell’umanità, di rassicurare sulla vittoria finale dei
piccoli, di far crescere le coscienze, di affinare al gusto del
bello, le fiabe che ancora oggi la Grande Madre Russia ci racconta
ripetono instancabili la loro supplica, la loro speranza. Quella che,
nell’Idiota, nutriva lo stesso Dostoevskij.
E cioè che ‘la bellezza salverà il
mondo’.
(da Luigi Dal Cin, Catalogo de Le immagini della fantasia, Mostra Internazionale di Illustrazione per l'Infanzia, 30^ edizione, Sarmede)